Canone Serpentino
di Francesco Scognamiglio
Sul palco scenico si illuminano scie bianche rapide e costanti. Cadono ombre sulle pieghe di un tessuto evocativo che nasconde il corpo in movimento della danzatrice su un palco scenico.
Gli arti, impegnati a girare alla ricerca di un’identità, diventano ali, nuvole e poi petali.
Di conseguenza la veste danzante sboccia in fiore e ancora in farfalla ma scompare presto nel fantasma di nuove forme misteriose.
La danza serpentina evidenzia le capacità del neonato mezzo cinema di ingannare la realtà. I movimenti del vestito, nato dal teatro e dagli studi di Loïe Fuller, sono il simbolo per eccellenza delle possibilità antinaturalistiche e illusorie del cinema in quanto arte.
La danza consiste in una serie di passi, giri multipli e manipolazioni simultanee di tessuto che Fuller aveva adattato e astratto dalla danza delle gonne del vaudeville e, forse, dalle danze indiane Nautch, rendendo il tutto avanguardistico ma ancora appetibile per un pubblico popolare1.

L’artista fu imitata non solo sul palcoscenico, ma anche nella più ampia cultura visiva popolare: i suoi costumi furono influenti nelle pubblicità dei giornali e negli articoli di bellezza e di moda.
Molte danzatrici di burlesque sono le protagoniste di numerosi film che dal 1890 al 1908 vengono realizzati su questa danza delle meraviglie. Annabelle Butterfly Dance, del 1894, è il primo a mettere in mostra gli incanti di questa danza. Realizzato dagli Edison Studios, questo primo esperimento non tarda a riscuotere successo e a rendere la collaborazione con Annabelle Moore un format da perseguire. L’anno dopo Max Skladanowsky realizza Die Serpentintänzerin in cui il vestito è già visibilmente più complesso: le maniche più larghe vengono montate su bastoni (non più bacchette) tenute nelle mani della danzatrice. La rappresentazione non tarda ad essere imitata e migliorata da Louis Lumière nel 1897 con Dance Serpentine.
Per la Gaumont invece Alice Guy, utilizzando differenti danzatrici come Bob Walter e Lina Esbard, realizza una serie di questi esperimenti dal 1897 al 1902.
Spesso colorata a mano, la danzatrice e le sue stregonerie affascinano e stordiscono incredibilmente lo spettatore dei primi del novecento.
Le ombre della caverna da poco scoperte sembrano uno scherzo spaventoso contro natura.
Queste immagini proibite nascondono qualcosa di diabolico: Il cinema, di fatto, percepito come la lanterna del diavolo.
Avanzando nella ricerca mi imbatto in un corto di Méliès del 1899: La Danse Du Feu. In una stanza infernale appare il diavolo che dopo aver girovagato divertito intorno a un fuoco evoca dal pozzo al centro della stanza la danzatrice serpentina.


In produzioni successive, la figura in questione continua a venire inserita in un’iconografia legata alla paura e al demoniaco. Intorno al 1905-1907 la danzatrice inizia ad essere raffigurata con le ali di pipistrello o come un vero e proprio vampiro.
In Le Farfalle, film italiano prodotto dalla Società Italiana Cines, un gruppo di donne giapponesi ha imprigionato in una gabbia da uccelli una donna con le ali da pipistrello. Un uomo pipistrello la salva e incominciano insieme una danza. La donna libera ha le ali colorate e ciò che ci faceva paura ora desta meraviglia. Al ritorno delle donne i due amanti vengono colti alla sprovvista e l’uomo pipistrello non riuscendo a fuggire viene accerchiato dal gruppo nemico che gli taglia le ali.
La morte del pipistrello fa entrare in scena gli angeli; le numerose danzatrici serpentine lo circondando volteggiando accompagnate da una grande moltitudine di colori.
Nel cortometraggio del 1905 Loïe Fuller, diretto probabilmente da Segundo de Chomón, un pipistrello volante si trasforma in una danzatrice serpentina, interpretata dalla stessa Loïe Fuller. “Quando il pipistrello scompare, la Fuller stende il suo costume serpentino ad ala di pipistrello, con i piedi in equilibrio sul cornicione della terrazza prima di scendere. Fuller esegue la sua danza e poi si smaterializza grazie a una dissolvenza, un altro segno cinematografico del suo potenziale soprannaturale”2.
A inizio secolo iniziarono a diventare popolari le danze legate alla figura del vampiro. Queste nuove performance erano ispirate anche da Burne-Jones, Kipling e forse in modo ancora più diretto da alcune pièce teatrale che diedero vita a film come A Fool There Was di Frank Powell (1915) e Vampyrdanserinden di August Blom (Nordisk, 1912). Tuttavia, Loïe Fuller è probabilmente il primo film di vampiri della storia del cinema. Il film attinge e sfrutta il carattere soprannaturale del folklore, della letteratura e delle danze teatrali su questo tema precedenti. Il vampiro inaugurale dello schermo ha segnato la convergenza di diverse tradizioni, rendendolo un’entità particolarmente complessa: La danse macabre et la dance érotique. Il vampiro diventa una metafora dell’intertestualità3 fino ad arrivare alla sua forma finale con il personaggio di Irma Vep nella serie del 1915, Les Vampires di Louis Feuillade.


Parlo a Giovanni Festa di un’idea di montaggio che possa racchiudere l’itinerario di queste danze, da serpentine a vampiresche, e lui mi consiglia un film italiano del 1917: Rapsodia Satanica di Nino Oxilia.
Una contessa vuole congiungersi con Mefisto per contrattare l’eterna giovinezza. Vestita da sposa richiama a sé il diavolo dalla balconata sventolando gli orli del suo vestito bianco. Ho il sospetto dunque che probabilmente il vestito della danza serpentina ha sempre avuto a che fare con l’aura contraddittoria del matrimonio: L’unione, l’angelo e il peccato, nonché la separazione: il momento della morte (il mondo ultraterreno che corrisponde a molte delle scenografie di questi film). Il bene e il male, lynchianamente due facce della stessa medaglia.
“La sua fusione con le sfumature veloci, che mutano in una fantasmagoria idrossigenata di crepuscolo e di grotta, è fatta di rapide passioni: piacere, lutto, collera. Per muoverle, prismatiche, con violenza o in dissolvenza, serve la vertigine di un’anima messa allo scoperto da un artificio.
Che una donna unisca il volo dei vestiti a una danza così potente e vasta da sostenerli, all’infinito, come un’espansione del proprio essere”4.
Infine nel montaggio che ho realizzato ho voluto inserire un brano musicale contemporaneo di Lorenzo Senni, Canone Infinito, in linea con quest’ambiguità dualistica tra un mondo apparentemente intellegibile e un altro, in eco, più profondo, luogo sensibile in cui risiedono le suggestioni più intime in attesa di entrare in contatto con il mondo esterno. La melodia principale apre lentamente gli orizzonti alla sua linea imitativa, sempre più presente. Quest’ultima diretta all’apice della sua esistenza rimbalza spaventosamente verso la matrice della sua gemella fino al suo spegnimento.
Dunque la danza serpentina è un esempio nel cinema muto della forza magnetica, del rapporto costante che c’è tra la riproduzione della realtà e il difetto delle forme.
- Loïe Fuller, Sommer, Sally, 1975, Drama Review 19, no. 1 ↩︎
- The first vampire films in America, Rhodes, Gary D., Palgrave Macmillan Humanities & social sciences communications, 2017, Vol.3, p.51. ↩︎
- Adaptation as ‘Reading Against the Grain’: Stoker’s Dracula. Malék Petr, Illuminace 22, 2010, pp. 101–129 ↩︎
- Les Fonds dans le ballet, Stéphane Mallarmé, Divagations, 1897 ↩︎