Pesaro 60: Leme do Destino, Relámpagos De Críticas Murmúrios Metafísicos e Julio Bressane
Abequar in tupi-guarani significa “uomo volante”
di Edoardo Mariani
Avevo intenzione di raccontare, come di consueto si fa qui su Filmcritica, le visioni sorprendenti avute di fronte ai due nuovi lavori del nostro abequar Julio Bressane, e scrivendo, mi sono reso conto che questo montaggio di parole poteva essere lasciato così, in forma libera. Durante le giornate della 60esima edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro sono stati proiettati in anteprima due nuovi lungometraggi-selvaggi (penso a Giovanni Festa) di Bressane: Leme do Destino, un trattato sulla traumaticità dell’amore, dell’incontro tra due scrittrici in crisi, di danze dionisiache e del disordine creatore; e Relámpagos De Críticas Murmúrios Metafísicos, 120 anni del cinema brasiliano, là dove il mare era sempre stato il personaggio principale, sin dal primo film (ormai perduto e qui riemerso, rigirato, resuscitato da Bressane) “arrivato” in Brasile, le immagini dell’arrivo di una nave di italiani al porto di Guanabara. Da qui, il gioco delle parodie e dei pastiches, di immagini viste e riprodotte, lo sbarco di Orson Welles e It’s all true, una linea da seguire nel cinema brasiliano, O canto do mar di Alberto Cavalcanti e O canto da saudade di Humberto Mauro, l’obiettivo comune di far risorgere dalle immagini venute dal mare una certa aderenza al suolo. E come dice Bressane: “Il cinema è il suolo. Si gira a terra. Il cinema deve tutto alla terra.”
L’immagine del tempo che brucia sulla carta, visto a metà di Leme do Destino e che Julio Bressane ha montato anche alla fine di Relámpagos De Críticas Murmúrios Metafísicos, suona un po’ come la rosa bianca alla fine delle Histoire(s), o è anche, come suggeriva Bruno Roberti, rappresentazione visuale del pensiero di Pier Paolo Pasolini: “fare del cinema è scrivere su della carta che brucia”.
LEME DO DESTINO
Le foglie sui pavimenti
delle case in Brasile,
un segno sacro
di come la natura
stessa,
madre nostra
ci vuole ricordare,
e in qualche modo
santificare,
nella nostra mortalità.
Il vento non si sbaglia,
mai,
e le direzioni che ci vengono indicate,
sono le nostre scelte.
Linee sciolte,
divagazioni,
mondi possibili
di un’unica vita possibile,
ahimè, quella che stiamo,
qui e ora, spendendo,
vivendo ci disseminiamo
nello spazio e nel tempo.
Come le foglie,
in autunno,
come le stelle,
nella notte di San Lorenzo,
cadiamo continuamente,
nei vuoti che riempiamo,
d’amore, di risate
e di vino.
RELÂMPAGOS DE CRÍTICAS MURMÚRIOS METAFÍSICOS
Una nave,
silenzio,
il mare e le sponde
sono pochi fotogrammi al secondo
prima delle rocce antiche di Rio.
O ÓCULOS DO VOVÔ
“Alla mia età
ho paura di diventare cieco”.
Se le onde sono sempre le stesse,
le spiagge ora sono degli esseri umani,
costruite e verticali.
Il cinema muto
quante parole dette al vento
quanto vento tra le palme
quanto tempo trascorso sotto al sole
a girare una manovella.
Un bacio bruciato in dettaglio,
è forse questa una metafora del cinema brasiliano?
Il cinema ci riporta nei luoghi
a bordo di vecchie automobili
e ci veste di mode e di altre epoche del mondo.
Ma le azioni sono rimaste le stesse
è il Brasile ad essere cambiato.
Il mare si è calmato
e dunque saliamo al Corcovado.
Salto nel vuoto.
Il sonoro,
l’ipnosi.
Dei movimenti con le mani,
dei suoni a tempo,
dei primi piani sugli occhi.
24 HORAS DE SOHNO
“Speriamo che piova
tre giorni di fila
la mia pena più grande
è non avere acqua a casa
perché ho bisogno di lavarmi”.
SEM ESSA, ARANHA
di Rogério Sganzerla
“Volevamo porre fine allo scempio
degli ultimi sessanta secoli…
Sono seimila anni…
Porto il peso di seimila anni…
Strip tease!”
Questi occhi scuri
che tornano.
Ma è Rosa quella ragazza al sole?
La mano
il mare
una bottiglia piena di messaggi
di parole
d’amore?
In questo film
si pensa sempre
che sia l’amore il motore di tutte le cose,
a partire dal cinema stesso.
LEME DO DESTINO
Filmare il fuoco
filmare delle cose che vivono
prima che scompaiano.