I migliori film del 2024
Luigi Abiusi
In ordine sparso:
Caught by the Tide di Jia Zhangke
The Beast di Bertrand Bonello
Joker: folie à deux di Todd Phillips
The Jockey Louis Ortega
Tardes de soledad di Albert Serra
Oh Canada di Paul Schrader
I Delinquenti di Rodrigo Moreno
Bird di Andrea Arnold
Trois amies di Emmanuel Mouret
Challengers di Luca Guadagnino
Tre variazioni sul tema:
La Pampa di Antoine Chevrollier
Selon Joy di Camille Lugan
No Sleep Till di Alexandra Simpson
Tre italiani:
Taxi monamour di Ciro De Caro
Luce di Silvia Luzi e Luca Bellino
Sulla terra leggeri diSara Fgaier
Marco Allegrezza
Nei ricordi, alcune visioni segno, per motivi diversi e opposti.
In dialogo e senza nessun ordine:
- Phantosmia di Lav Diaz
L’odore o la puzza del male è un morbo che si diffonde e contamina tutto. - Bestiari, erbari, lapidari di Martina Parenti, Massimo D’Anolfi & Architecton di Viktor Kossakovsky
La Bibbia dell’osservazione, l’ombra minacciosa di un ritratto scientifico. - April di Dea Kulumbegashvili
Filmala tu la vita, filmatela voi la morte. - Vittoria di Casey Kauffman, Alessandro Cassigoli & Wishing on a Star di Peter Kerekeš
Napoli caput cinema. - Broken Rage di Takeshi Kitano
L’importanza nonostante tutto di restare allegri, saper giocare, seriamente. - Megalopolis di Francis Ford Coppola
Se la nascita è come il miele, i neonati sono come le api, preserviamoli religiosamente. - Youth (Homecoming) di Wang Bing
L’occhio invisibile. - Pepe di Nelson Carlos de los Santos Arias
Dove finisce la sabbia e inizia il mare?
Sergio Arecco
(usciti in sala, in ordine alfabetico)
Anselm di Wim Wenders
Flow di Gints Zilbalodis
Fremont di Babak Jalali
Giurato numero due di Clint Eastwood
Grand Tour di Miguel Gomes
L’innocenza di Hirokazu Kore’eda
Megalopolis di Francis Ford Coppola
Perfect Days di Wim Wenders
Racconti di due stagioni di Nuri Bilge Ceylan
La sala professori di İlker Çatak
Massimo Causo
Do Not Expect Too Much From the End of the World di Radu Jude
The Beast di Bertrand Bonello
Estranei di Andrew Haigh
Trap di M. Night Shyamalan
Grand Tour di Miguel Gomes
Megalopolis di Francis Ford Coppola
Horizon: An American Saga di Kevin Costner
Giurato numero 2 di Clint Eastwood
Spectateurs! di Arnaud Desplechin
Challengers di Luca Guadagnino
Se c’è un valore nel mettere insieme i titoli visti nel corso di un anno, si tratta di trovarlo nelle allitterazioni che gli affioramenti concedono al gioco degli incastri numerici, alle preferenze, alle incognite delle dimenticanze. Liberare dalla gabbia dell’articolazione logica il pensiero critico per affidarlo alla vertigine della lista in equilibrio sul piacere, sospesa sulla preferenza, sullo scarto millimetrico del ricordare, confondere, sovrapporre, lasciar svaporare il giudizio…
Tengo insieme – quest’anno – cinque coppie di film che dialogano in silenzio tra loro e si impongono tra i tanti altri che premono dai margini. Radu Jude e Bertrand Bonello incidono lo spazio del tempo evocando estraniazioni storiche e epocali nella solitudine insistita di Ilinca Manolache e Léa Seydoux, entrambe incarnate in espropriazione del loro corpo e del loro tempo… Adrew Haigh e M. Night Shyamalan lavorano sull’occlusione dello spazio fisico, mentale, relazionale per costruire due straordinari organismi filmici che pulsano nella trasparenza delle emozioni, tetragona rispetto alla evidenza del rimosso e del non detto. Miguel Gomes e Francis Ford Coppola sfidano l’ambizione del sogno ad occhi aperti, la dimensione del colossal che cerca di sfuggire al proprio tempo inventandosi un punto di fuga interiore. Kevin Costner e Clint Eastwood guardano in faccia le colpe rimosse di una identità collettiva che scopre l’inganno e sposta il punto d’osservazione dal giudicare al giudicarsi. Arnaud Desplechin e Luca Guadagnino si perdono nella vertigine spettatoriale, che inizia con il desiderio, brucia nella passione e si risolve nella più incerta delle consapevolezze, quella affidata alla linea dello sguardo.
Poi quattro essenziali film italiani, capaci di lavorare con ossessiva precisione sulla loro verità:
Bestiari Erbari Lapidari di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti
Luce di Luca Bellino e Silvia Luzi
Taxi Monamour di Ciro De Caro
Astrid’s Saints di Mariano Baino
Due corti francesi che non lasciano scampo alla verità fisica e fisiologica dell’immagine:
La fille qui explose di Caroline Poggi e Jonathan Vinel
C’est pas moi di Leos Carax
Tre film che dicono nel futuro anteriore (Zürcher), nel presente continuo (Guediguian) e nel passato archetipale (Gálvez Haberle) tutto lo smarrimento del nostro tempo:
Der Spatz im Kamin di Ramon Zürcher
E la festa continua! di Robert Guediguian
Los Colonos di Felipe Gàlvez Haberle
E infine cinque magnifici “horror” che teorizzano il progressivo accorciarsi della distanza sociale tra il nostro corpo e le sue paure più intime:
In a Violent Nature di Chris Nash
Longlegs di Oz Perkins.
The Substance di Coralie Fargeat
Else di Thibault Emin
Maldoror di Fabrice du Welz
Simone Emiliani
Joker: folie à deux di Todd Phillips
Perfect Days di Wim Wenders
Giurato Numero 2 di Clint Eastwood
Beetlejuice Beetlejuice di Tim Burton
Megalopolis di Francis F. Coppola
Anora di Sean Baker
Challengers di Luca Guadagnino
Le occasioni dell’amore di Stéphane Brizé
E la festa continua! di Robert Guédiguian
Gloria! di Margherita Vicario
Edoardo Mariani
(in ordine alfabetico)
Afternoon of solitude di Albert Serra (il film di un matador del cinema contemporaneo capace di manipolare ciò che ci resta di straordinario rendendolo in qualche modo surr-ordinario).
Bestiari, Erbari, Lapidari di Martina Parenti e Massimo D’Anolfi (un film sul filmare, riaprire l’archivio pieno di vita e archiviare la vita prima che svanisca in un cambio di stagione, sentire il tempo e dimenticare lo spazio).
Dahomey di Mati Diop (filmare la reazione di un popolo intero verso un evento storico rende il mondo di oggi una strana e buia pagina nell’almanacco dell’umanità. Quanti danni dobbiamo ancora causare agli altri nostri fratelli e sorelle prima di renderci conto che questa occidentale maniera di conoscere il mondo che avevano cercato di farci amare è invece il veleno più delicato e mortale che esiste).
Eureka di Lisandro Alonso (trasmigrazione dell’anima, montaggio del mondo, ubiquità come dono cinematografico, i problemi della gente sono tutti diversi ma le soluzioni sono spesso nascoste dentro la nostra naturale ed universale voglia di sopravvivere).
Filmstunde_23 di Edgar Reitz e Jorg Adolph (il manifesto del cinema come scuola di vita e non scuola cinema per vivere. Il cinema non si frequenta ma si vive. I film non si fanno per essere venduti ma prima si sognano da soli e poi si lasciano sognare).
Il fiore di Buriti di Renée Nader Messora e João Salaviza (il film che ha riportato le lotte antiche ed ancestrali delle culture pre-coloniali delle tribù dell’Amazzonia e ne ha raccontato la potenza spirituale mimetizzando la macchina da presa con le foglie).
Ma vie, ma gueule di Sophie Fillières (il film di quest’anno che mi sarebbe piaciuto vedere con mia madre).
Megalopolis di Francis Ford Coppola (il film di un bis-nonno del cinema che non ha mai smesso di prendere questo lavoro come un gioco per sognatori e che ci ricorda di quanto si può parlare di tutto se si hanno le buone intenzioni per il futuro degli altri).
No other land di Yuval Abraham, Basel Adra, Hamdan Ballal, Rachel Szor
(P A L E S T I N A L I B E R A F R E E F R E E P A L E S T I N E ).
Terra incognita di Enrico Masi (il film di un cartografo fuorinormista nato dalla fusione di una innata volontà di esplorare l’ignoto e di una sintomatica ricerca tecnica di registrare le stelle e tutte l’altre cose nell’argento della pellicola).
The zone of interest di Jonathan Glazer (“La memoria è per uno ciò che la storia è per l’altro: un’impossibilità […] Un momento di pausa brucerebbe come un fotogramma di pellicola bloccato davanti alla fornace del proiettore”. Chris Marker).
Vittoria di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman (il film che riporta alla luce una meravigliosa vicenda di famiglia pescata tra le infinite storie piene d’amore e di speranza che si nascondono tra la gente e che non avremmo mai immaginato di conoscere da così vicino).
Andrea Pastor
Non ho mai vissuto solo come solo un gioco questa classifica, comunque sempre mobile, mai data una volta per tutte. È una scelta di campo, una presa di posizione dello sguardo, è il dare rilievo ai film che esigono un ripetuto incontro, capaci, ad ogni seconda o ennesima visione, di parlarmi, pensarmi, di amarmi, rispettarmi, interrogarmi, di farmi sentire e stravedere, tra le pieghe delle immagini, non solo il fuori campo, ciò che sta al di là dello schermo, sempre più indispensabile, ma anche e soprattutto un altrove indicibile, nella sua irrequieta spettralità. Mi rendo conto, leggendo i titoli emersi, che è la morte, anche quella ‘violenta’, a porsi al centro di quasi tutti i singoli film, e questo non certo solo in termini diegetici, è il nero a farsi motore, agente delle finzioni, a dinamizzarle, a scandirne il ritmo, a dar loro quel senso, in più o in meno, che le rende uniche, o singolari. L’eco assordante delle guerre, dell’orrore, del genocidio, che hanno segnato il nostro tempo, i nostri giorni, e notti, e che continuano, tuttora, a imperversare, non molto lontano da noi, non possono che influenzare qualunque nostro gesto, non possono che incidere, pesantemente, su qualunque nostra scelta, sia pure la più apparentemente ludica…
E dunque, quasi in ordine sparso, o disperso:
Joker : Folie à Deux di Todd Phillips
Challengers/Queer, di Luca Guadagnino (forse un dittico?)
Juror #2 di Clint Eastwood
Grand Tour di Miguel Gomes
Megalopolis di Francis Ford Coppola
Trap di M. Night Shyamalan
All of Us Strangers di Andrew Haigh
C’est pas moi di Leo Carax e Tardes Soledad di Albert Serra (recuperati al Filmmaker Festival di Milano)
Dostoevskij di Fabio e Damiano D’Innocenzo
Mi permetto di aggiungere, perché sono rimaste a lungo ai bordi del campo, alcune, sorprendenti, visioni: Taxi Monamour di Ciro De Caro, Bestiari, Erbari, Lapidari di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, Poor Things di Yorgos Lanthimos, I dannati di Roberto Minervini, MaXXXine di Ti West, La storia di Souleymane di Boris Loykine, Parthenope di Paolo Sorrentino, Racconto di due stagioni di Nuri Bilge Ceylan, Anselm di Wim Wenders (in 3 D), Filmstunde_23 di Edgar Reitz e Jõrg Adolph (Filmmaker Festival di Milano), April di Dea Kulumbegashvili (Venezia)
E probabilmente non altre, o pochissime altre, dimenticate, che riemergeranno in un altro momento, in altri giorni, fra qualche anno..
Bruno Roberti
(Visioni Oltre)
Giurato numero2 di Clint Eastwood
Megalopolis di Francis Ford Coppola
Relampagos de criticas murmurios metafisicos + Leme do destino di Julio Bressane
(In sala)
Trap di M.Night Shyamalan
Grand Tour di Miguel Gomes
Furiosa: A Mad Max Saga di George Miller
Joker: Folie à Deux di Todd Phillips
The Room Next Door di Pedro Almodóvar
Memory di Michael Franco
Chien de la casse di Jean-Baptiste Durand
The watchers di Ishana Shyamalan
L’empire di Bruno Dumont
I dannati di Roberto Minervini
(Ai Festival)
Phantosmia di Lav Diaz
Broken Rage di Takeshi Kitano
C’est pas moi di Leos Carax
Why War? di Amos Gitai
Los años nuevos di Rodrigo Sorogoyen, SaraCano, Paula Fabra
Qingchun: Gui di Wang Bing
Hemme’nin oldugu gunlerden biri di Murat Firatoglu
El affaire Miu Miu di Laura Citarella
The Brutalist di Brady Corbet
Selon Joy di Camille Dugan
(Bonus Fuori Lista)
La zona d’interesse di Jonathan Glazer
Dune parte 2 di Denis Villeneuve
Il cielo brucia di Christian Petzold
Anselm di Wim Wenders
Totem. Il mio sole di Lila Aviles
Challengers + Queer di Luca Guadagnino
Gloria! di Margherita Vicario
L’arte della gioia di Valeria Golino
Marcello mio di Christophe Honorè
Quell’estate con Irene di Carlo Sironi
The Substance di Coralie Fargeat
Anora di Sean Baker
Mimmo Jodice: un ritratto in movimento di Mario Martone
Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini
Disclaimer di Alfonso Cuaron
Vittoria di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman
Bestiari, Erbari, Lapidari di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti
Maldoror di Fabrice Du Welz
Campo di battaglia di Gianni Amelio
Le Deluge di Gianluca Jodice
Francesco Scognamiglio
Juror #2 di Clint Eastwood e Megalopolis di Francis Ford Coppola per la volontà rivoluzionaria che avvolta dal mantello del passato accende il motore del controtempo.
From Ground Zero, film collettivo ideato da Rashid Masharawi e A Fiadi Film di Kamal Aljafari per aver dato voce ai vivi e alle loro ombre.
Dahomey di Mati Diop, Vittoria di Casey Kauffman e Alessandro Cassigoli e Pepe di Nelson Carlos de los Santos Arias per aver saputo individuare e restituire del politico e del complesso arcano nell’interpretazione dei racconti ascoltati.
All We Imagine As Light di Payal Kapadia e A Traveler’s Needs di Hong Sang Soo per aver viaggiato nella tridimensionalità del teatro spaziale e dei suoi corpi.