THE MULE – IL CORRIERE di Clint Eastwood
Una ragione metafisica
di Edoardo Bruno
Il motivo per cui si invecchia e si muore non è fisico ma metafisico
Senilia, Arthur Schopenhauer
Clint Eastwood in The Mule (come anche nel precedente Gran Torino) ‘attraversa’ questa ragione metafisica, con la lucidità narcisistica del suo invecchiamento, e lo fa rispettando, come in un autoritratto, il suo fisico di quasi novantenne, appena curvo, dal passo lento e sicuro, dallo sguardo addestrato e lontano, e su un viso pieno di rughe, nella saggezza folle di chi vive in un mondo à rebours.
Una volta perso il lavoro da floricoltore, soprattutto di gigli dai tanti colori e di portatore di fiori per un giorno di festa, abituato ad osservare la vita, come qualcosa di metafisico, che, comunque, è quel che è, accetta senza pensarci, grazie alla sua capacità di autista, di trasportare, per un gruppo di narcotrafficanti, milioni di dosi di droga dal Messico agli Stati Uniti, sulla sua vecchia Ford, sostituita, al primo incasso, da un più moderno pick-up nero. Senza stupirsene, se, al primo incasso, scatta la ripetizione dei compensi, corsa dopo corsa, presi con la brillante incoscienza di un vecchio gentiluomo, che accetta l’invecchiamento come motivo metafisico, in cui l’abilità gioca un ruolo importante, come la destrezza con cui salta i controlli della polizia, e come filosofia di vita.
In The Mule, la mente del vecchio protagonista è alle prese con le sue stesse forme di conoscenza – la destrezza nella guida, la correttezza nelle consegne, la serietà dei trasporti, la sicurezza, derivante da anni di precisione, e la certezza di un lavoro compensato – così gli irrituali trasporti della droga divengono i rituali doveri di essere retribuito, corsa dopo corsa, in un irresistibile piacere di essere pagato. Filosoficamente, come diritto di responsabilità, pronto a pagare in ogni momento le conseguenze, come ragione pensabile di un possibile (e preciso) codice di comportamento.