Rapito di Marco Bellocchio
Il Sogno dei chiodi.
di Alessandro Cappabianca
Un atto meccanico, dettato dalla superstizione: battezzare un bambino ebreo, all’insaputa dei genitori, per evitargli, se morisse così, il destino di restare per sempre al Limbo. In conseguenza di questo atto, il bambino diventa cattolico, è sottratto alla sua famiglia (la famiglia Mortara, nella Bologna dell’800, ancora appartenente allo stato pontificio).
Il piccolo Edgardo Mortara, figlio di Salomone Mortara, deve diventare cristiano. Neppure il Papa potrebbe far girare la storia in un altro modo (non possumus), ma Bellocchio ci invita a riflettere: quella di nascere ebreo, qualunque cosa voglia significare, era stata forse una scelta libera?
Tutti noi, anche prima di nascere, in qualche modo siamo rapiti. Ci sembra di no, solo perché la famiglia è il luogo d’un rapimento pacifico, quasi naturale. Allora non deve stupire se Edgardo, dopo le resistenze iniziali, non si senta più rapito, abbracci il Papa, rinneghi il suo vero padre e tenti addirittura di battezzare sua madre di nascosto, in punto di morte. Lei rifiuta sdegnosamente.
Nello scontro tra due credenze, tra due fedi, però si interpola il sogno, che è quasi un sogno di pacificazione. Perché soffrire inutilmente? Edgardo sogna di sfilare i chiodi dalle mani e dai piedi di Cristo. Così Cristo stesso può scendere dalla croce, andarsene verso un mondo senza violenza.
Ma è un’illusione. Pio IX arranca su per i gradini della Scala Santa. Incombe Porta Pia. Chiamarsi fratelli, rimane la cosa più difficile di questo mondo. Vale per Edgardo Mortara, ma anche, forse, per Marco Bellocchio.
Lo si voglia o no, un pizzico di autobiografia spunta nei luoghi più impensati.