QUELLO CHE NON SO DI LEI di Roman Polanski
L’inquietante demone della creazione
di Edoardo Bruno
È come se Polanski avesse girato il suo film in un unico grande set, con studi e appartamenti, a Parigi e in campagna, case e ambienti diversi, sempre con fitte librerie piene di libri – case e studi ‘intellettuali’ – di una scrittrice di successo insidiata da una giovane arrivista, neo-scrittrice – Eva contro Eva – che con astuzia e perfidia si infila nella sua vita privata.
Ossessivo, crudele, Polanski esplora i primi approcci, con i soliti complimenti: ma tra le due donne stende come un sottile legame che sfiora, senza eccedere, l’omosessualità. Un film dal forte respiro, come isolato nella sua solitudine. Un’opera chiusa in se stessa con pochi esterni e divagazioni.
Polanski non abbandona mai le due donne, diverse per temperamento e per età, gioca sulla bellezza sofisticata di Elle (Eva Green) e sulla bellezza adulta e disinvolta di Delphine (Emmanuelle Seigner). La mdp indaga sulla loro vita privata, elenca giorno per giorno l’ansia di lei di continuare a scrivere, a superare l’incubo della ‘pagina bianca’, dipesa anche da problemi di allucinazione ottica, oltre che dalla ricerca di un tema più filosofico. Ma indaga anche sulle piccole abitudini che, giorno per giorno, le avvicinano, l’incontro al caffè, e le allontanano, le discussioni continue. Forse Polanski insiste troppo sul libro della scrittrice, un volume di molte pagine, un racconto-saggio sul suicidio di una madre e sulle troppe domande che suscita a livello sociologico. Qui si inserisce la giovane ammiratrice, quasi una vestale malefica, che in realtà vuole impadronirsi della ‘sua’ scrittura anche tramite il computer, per modificarla, correggerla e farne altra cosa. Quindi non una Ghost Writer ma un’altra, pericolosa scrittrice, decisa a tutto, anche al veleno topicida, in un rapporto, tra le due donne, sempre più scivoloso e crudele, quasi come il rapporto tra l’uomo e la donna di La mia droga si chiama Julie di Truffaut. di cui il film, alla fine, respira anche la linea narrativa, implosiva, più intensa; il ritmo si fa più drammatico, il ritrovamento della scrittrice in un fossato lungo la strada, accade come un vento di follia, pieno di contraddizioni. (Il rientro nel récit dell’unico uomo salvifico è la riprova di un meccanismo di sceneggiatura – Assayas – piuttosto convenzionale).
La presentazione al pubblico del nuovo e atteso libro, è accompagnata dalle analoghe scene iniziali, con la firma del volume acquistato: ma la scrittrice che firma, ha il volto truccato alla maniera dell’altra, del doppio inquietante demone della creazione.