PODER DOS AFETOS di Helena Ignez
Tutto o niente
di Lorenzo Esposito
Poder dos afetos, ovvero una selva di personaggi inquietanti in continua trasformazione di costumi e di pensiero (in soli trenta minuti). Capacità rara quella di raccontare l’essere umano attraverso ciò che ne definisce l’esperienza sempre lacunosa delle cose. E chi se non la musa irriducibile di tutto il cinema brasiliano più rivoluzionario e non riconciliato, chi se non Helena Ignez, avrebbe potuto riuscirci. Chi sarebbe stato altrettanto capace capace di filmare con tale unica astrattezza di corpi e di colori il sogno di pensare tutte le immagini insieme a tutti i loro possibili rapporti (cinema, poesia, teatro, infanzia, giovinezza, vecchiaia). E non è la prima volta. Avveniva già in Luz nas Trevas (bellissimo remake del capolavoro di Rogério Sganzerla O Bandido da Luz Vermelha). Ma in Poder dos afetos Ignez precisa l’intento pittorico: è la fisica del colore a definire la vertigine antropologica. Era ed è questa la battaglia ingaggiata da una certa parte della cinematografia brasiliana (Bressane, Sganzerla…): fare dell’immagine un’eterna e febbricitante riemersione del pensiero in qualsiasi punto del tempo e dello spazio. Tudo ou Nada. Lucida corsa a tambur battente, autentica sismografia, che vede nell’immagine la possibilità di una nuova vita minerale, di un’arte selvaggia, tenera, ramificata. Un colloquio infinito tenuto sull’orlo dell’abisso, fra le macerie d’una terra malata, attraversata da uno sguardo che sembra generato direttamente dalle sue viscere (non a caso, il giovanissimo regista del film nel film, richiesto del film brasiliano più importante nella sua formazione, non ha dubbi: Copacabana mon amour di Rogério Sganzerla).