PESARO 58
Un nuovo Stalker
di Edo Mariani
Anche questa estate è arrivata: calda e silenziosa, violenta e sanguinosa, siamo ufficialmente entrati nella “bella stagione”, la stagione dove le sale si svuotano e dove i festival presentano al mondo nuove fantasticherie a spettatori che, non potendo farne a meno, si ritrovano in queste familiari riunioni annuali, una tra le altre è la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro.
Condotta oggi da Pedro Armocida, la Mostra (18-25 Giugno 2022) è storicamente riconosciuta come la spiaggia dove che accoglie alcune tra le più nuove fantasmagorie del cinema di autori esordienti e nascosti, con un occhio di riguardo ad una certa resistenza indipendente e sperimentale.
Nelle fila del concorso “Pesaro Nuovo Cinema”, un film (vincitore del premio della critica assegnato dalla giuria composta dai critici del Sindacato Nazionale Critici Italiani e insignito della menzione speciale della Giuria giovani), che una volta avremmo definito mediometraggio, si è particolarmente dimostrata unica e illuminante l’opera prima del regista lituano Andrius Žemaitis Alizava.
Come in un nuovo capitolo dello Stalker tarkovskiano, qui non c’è un tempo preciso, anche se l’ordine di tutte le cose scorre proprio come ruotano le lancette degli orologi, inarrestabile e demolitore.
Una bionda bimba solitaria abita con un anziano signore all’interno di un’immensa gru demolitrice. Nel tragitto abituale tra la sua arrugginita casa gialla e la piccola baracca in cui va a scuola, la fanciulla si perde in esplorazioni e in rituali immaginari in cui ritrova il contatto con le polveri del passato e con una natura scomparente.
L’essere umano, rappresentato in Alizava dal personaggio silenzioso e meccanico del nonno della piccola, è ormai un mucchio di ossa stanche che conduce la distruzione di un pianeta altrettanto logorato ed esaurito. Incipit e conclusione del film è infatti questo gruppo di adulti, dei quali vediamo i primi piani rugosi, le mani rinsecchite e le sigarette fumose e imbrattate, che nel passaggio di un ricordo, o di un messaggio rappresentato da un mucchietto di terra, perdono completamente ogni segno di umanità, e restano muti e immobili davanti allo sguardo interrogatorio della bambina. Quando la sua allucinazione creativa, con la quale aveva trasformato nel tempo una casa abbandonata nel suo reliquiario privato, viene brutalmente distrutto dall’uomo, la piccola fugge altrove, viaggia verso nuove immensità da conquistare e in cui rievocare i suoi angeli.
Alizava (che prende il nome da una minuscola città di poco più di trecento abitanti nel nord-est della Lituania), vive lo spazio, lo riempie come forma di vita astratta. Come una bimba-libellula si sposta da un punto ad un altro del suo mondo-stagno, del quale conosce ogni piccolo meandro, e dove la materia, la terra ed i colori del mondo sembrano comporre una serie di vedute monocromatiche in cui ogni sfumatura si mescola nell’organicità della pellicola 16mm.
Nascosti dietro le avventure della bambina ci perdiamo nella Terra, monumento di un pianeta dimenticato e ombra di una storia che rischia di non essere tramandata. Allora fuggiamo insieme ad Alizava dalla fissità e dalla staticità, dalla morte della cava, e ci perdiamo nel verde della foresta, dove c’è la vita e dove si nascondono i santuari e i ricordi lasciati come tracce da coloro che ci hanno preceduto.
