Memoria e illusione
di Edoardo Nardi
Cimino è un classico, Eastwood no. Sento accostare spesso il cinema di Eastwood ai maestri americani, Ford su tutti. Tuttavia, la filiazione non esiste. Cimino può essere definito l’ultimo dei classici di Hollywood, anche se appartiene alla generazione della Nuova Hollywood.
La causa che determina tale differenza è costituita dalla diversa posizione dei due autori nei confronti del concetto di illusione. Ford, e Deleuze ci conforta in tale senso, riteneva che una società sana fosse quella nella quale il sogno o, meglio l’illusione fosse possibile e ricercata. Dunque, il suo cinema muoveva dai grandi spazi, essenziali per coltivare l’illusione e ciò valeva anche per il cinema più limpido e intimista di Hawks. Anche Cimino utilizza lo spazio in chiave narrativa, poiché anch’egli filma l’illusione dall’esterno e non le appartiene, come invece accade ai registi della Nuova Hollywood, Scorsese, Coppola o Eastwood. Una società sana può coltivare le illusioni, una società malata è disillusa, non permette che esista una qualsivoglia forma di sogno. Il western di Eastwood, ma anche di Tarantino, propone l’illusione come dato acquisito e si esprime in un sistema chiuso, si gioca in interni, al massimo esprimendo una zona d’ombra o un lato oscuro della storia e della Nazione. Cimino, come Ford, muove verso l’illusione e non ne viene contenuto, come avviene al contrario nel nuovo cinema americano. Tuttavia, come i grandi artisti che completano il tragitto di un’epoca, come Caravaggio che alla fine del Rinascimento svela l’illusione del modello, contrapponendo alle figure iconiche e sospese di Tiziano o Leonardo le figure popolari dei propri dipinti, anche Cimino svela le formule della Storia americana, utilizzando in maniera diversa da Ford le immagini dell’illusione. Anziché, come nel western classico, dirigere le frontiere verso un infinito orizzonte, arretra dallo stesso orizzonte all’origine di quel movimento fino a raggiungere la matrice oscura e inquietante delle cause che hanno determinato l’idea stessa di frontiera, azzerando le differenze etniche e sociali degli uomini. Estendendo il pensiero di Daney, il cinema classico filmava il mondo, quello moderno filma le immagini della realtà.