Macchina attoriale e Corpo martoriato
di Alessandro Cappabianca
C’è una bella differenza tra macchina attoriale (CB), quasi invulnerabile, e corpo martoriato (Pasolini) – tra gettarsi ripetutamente giù dal letto e finire ucciso, schiacciato da una macchina, su un “praticello zozzo” alla periferia di Ostia – tra cantare “Avanti popolo, alla riscossa”, per bocca di un efebo nudo che alza il pugno chiuso, e cantare “Avanti popolo, a riscuotere” per bocca di Giovanni Davoli (padre di Ninetto), santo derisorio in calzoncini da giocatore di calcio.
Come sappiamo, Carmelo Bene non stimava molto i “cinematografari”, specialmente quelli del neo-realismo (ma era capace di prendersela anche con Godard). Spesso, sul piano letterario, se la prendeva anche con Pasolini, accusandone la poesia di eccessive indulgenze pascoliane. Al contempo, ha sempre negato qualunque influsso sul proprio cinema da parte del cinema pasoliniano, come di quello felliniano. Il cinema di Fellini, per lui, era basato su uno “sciaguratissimo” amore del set: amore del set come narcisistico amore del sé. Quanto a Pasolini, la validità d’un film come Salò-Sade, per esempio, stava semmai proprio negli elementi extra-cinematografici che contiene. Allo stesso modo, credo, in Accattone CB poteva apprezzare, senza ammetterlo, le suggestioni dantesche, la lacrimuccia che salva l’anima in punto di morte. Oppure il sogno del funerale, col becchino Polidor che scava per Accattone una fossa al sole.
Malgrado ciò, vorrei avanzare l’ipotesi d’una segreta parentela tra i due, Pasolini e CB, a partire da un film germinale come Accattone (1961). In Hermitage pensiamo per esempio alla sequenza in cui il protagonista indossa il cappello da donna guarnito di fiori, in Nostra Signora pensiamo alla canzone Musica Proibita – e cominciamo con l’identificare in Accattone gli accenni a motivi popolari romani e napoletani che analogamente si susseguono. A parte Bach, naturalmente. Va tenuta presente, a questo proposito, la bella analisi già fattane da Roberto Calabretto in “Presenze musicali nelle sceneggiature di Pasolini” (reperibile in rete).
Nell’ordine abbiamo:
Er barcarolo va controcorrente, accennato da qualcuno tra i bagnanti dello stabilimento balneare sul Tevere;
Fenesta ca lucive e mo non luce, intonata dal boss napoletano una prima volta, quando invita Accattone a bere qualcosa insieme;
Madonna dell’Angeli, cantata dai giocatori di carte all’osteria del Pigneto;
In prigione nun ce vengo, perché n’ho fatto niente, intonato in coro dai disturbatori delle puttane;
Di nuovo Fenesta ca lucive, canticchiato e poi fischiettato dal boss napoletano nella scena del pestaggio di Maddalena ( la stessa canzone, una specie di emblema funebre, si sentirà ancora nei Racconti di Canterbury);
Colonnello nun voio pane, voio un chilo de pastasciutta , parodia della nota canzone fascista;
Fior de limone, ma chi sarà sto giovane per bene…;
Voja de lavorà sarteme addosso/lavora padre mio, che io non posso…
Nel 1967 Pasolini affida a Carmelo Bene il ruolo dell’indovino Creonte in Edipo re. Siamo, come si vede, a ridosso di Hermitage e di Nostra Signora dei Turchi: credo sia plausibile l’ipotesi d’un reciproco influsso, all’insegna dei brani musicali come motori dell’azione, con la differenza che, in Carmelo Bene, il rapporto con ciò che accade al protagonista è molto più labile. In Pasolini, insomma, il montaggio (inserti musicali compresi) segue sempre un filo narrativo, in Carmelo Bene sempre lo distrugge.
Ma certe analogie saltano agli occhi, nonostante tutte le differenze, specialmente a proposito di un episodio di Accattone. I nullafacenti affamati rimediano un chilo di pasta (vedi la canzone) dall’assistenza pontificia e chiedono a uno di loro di utilizzare la sua cucina per cuocerla. Nell’attesa, distrutto dalla fame, quello detto il Tedesco (mi pare proprio sia lui) addenta uno dei fiori contenuti in un vaso e lo mastica, facendo finta di scherzare. Ad Accattone, allora, viene l’idea di costringere gli altri ad andarsene, e a tale scopo si mette d’accordo col padrone di casa perché cominci a insultare tutti a furia di offese, chiamandoli miserabili e profittatori. Durante la trattativa, che avviene a parte, Accattone indossa un cappello da donna, guarnito di qualche fiore di stoffa.
Guarda caso, in Hermitage, Carmelo Bene a un certo punto indossa le stesso tipo di cappello, guarnito di rose dipinte di verde, col quale si rimira allo specchio.
Anche se in CB non è questione di fame, è questione di perdita d’identità, travestimento e morte. Poi certo in CB, tramite il montaggio, avviene la polverizzazione degli oggetti come analoga alla polverizzazione dell’io, che non ha luogo in Pasolini.
Comunque,“Mo’ sto bene”dice morendo Accattone, caduto dalla motocicletta su cui tenta di sfuggire alla polizia. “Mo’ sto bene”, potrebbe dire CB, ingerendo veleno, seduto nella stanza all’Hermitage, di fronte al vaso da fiori lacaniano che guarda e da cui è guardato. Con la differenza che nessun Balilla, nessun ladro più o meno devoto, per quanto ammanettato, si farà il segno della croce sul suo cadavere.
