Le Grand Chariot di Philippe Garrel
I burattini provano emozioni?
di Alessandro Cappabianca
Dopo Il sale delle lacrime, Garrel senza Garrel, Philippe Garrel torna a filmare i Garrel, suo figlio Louis, le sue (di Louis) sorelle, stavolta nei panni di burattinai, gestori e animatori d’un teatro di burattini denominato appunto Grand Chariot. Sono burattini, non marionette. Gli animatori prestano loro le mani, che li fanno muovere, e le voci, maschili o femminili, secondo i casi.
Arte vecchia, teatro per bambini. All’appello dei Garrel ormai da tempo manca il capostipite, l’attore e regista Maurice (morto nel 2011, quasi novantenne) e Philippe lo sostituisce con un attore (Aurelien Recoing). Un’altra non-Garrel (Francine Berge’) interpreta il ruolo della vecchia nonna, comunista, costumista e depositaria delle confidenze di tutta la troupe. Il repertorio è quello del teatro per bambini, delle disavventure di Pulcinella, e cose simili. Padre e nonna ne sono i gelosi custodi. Mirabolanti apparizioni e sparizioni, scambi di bastonate… Unica novità: il padre ingaggia un pittore (Peter), momentaneamente in crisi creativa, per dipingere nuove scene. Ne nasceranno complicazioni sentimentali, nascerà un bambino, di cui non si sa bene chi sia il padre, ma che sarà comunque amato.
Ma il padre muore.
Durante la cerimonia al cimitero, si sprecano i discorsi. Una delle figlie agita un burattino, sembra quasi che preferirebbe fosse questo a parlare. La nonna, forse schiantata dalla noia, si allontana, si apparta dietro altre tombe, non si capisce bene perché.
Si ammala, dolcemente svanita. Attorno a lei, si stringe tutta la famiglia. Così, la morte sembra molto meno angosciosa, somiglia al transito lieve di rinascita che tutte le religioni in qualche modo promettono. Ma la vecchia donna non ha mai condiviso la speranza nell’avvenire di questa illusione. Sicuro di interpretare rettamente la sua volontà, al cimitero, prima della tumulazione, il nipote schioda via dalla cassa il piccolo crocefisso in legno che per convenzione vi era stato applicato.
Tra le due sorelle, Martha e Lena, si sviluppa allora il dibattito sul repertorio. Perché insistere sull’eterno, risaputo Pulcinella? Con i burattini, sostiene Martha, si potrebbe anche affrontare addirittura Shakespeare, addirittura qualche scena dell’Amleto.
Non solo spettacolo per bambini, dunque. L’importante é altrove. Anche in uno spettacolo commissionato dalla televisione, che la troupe é costretta ad accettare per ragioni finanziarie, vanno mantenuti rigorosamente i principi base, a partire dalla cinematografia stessa. La macchina da presa di Philippe Garrel inquadra sempre la scena, i burattini e i burattinai “di spalle”, occupando quello che potremmo chiamare il posto del fantasma. Fantasma invisibile, che vede tutto, ma rovesciato.
L’arte dei burattini è misteriosa. Evoca l’aldilà, Garrel la filma dall’al di qua, il padre non sarebbe stato d’accordo, forse, la nonna neppure, ma Pulcinella può mutarsi magicamente in Amleto. Anche i burattini possono provare emozioni, l’importante, come raccomandava ai commedianti il principe di Danimarca, è non esagerare.