KOMMUNISTEN di Jean-Marie Straub
Lanterna magica
di Edoardo Bruno
Kommunisten: la copia di lavorazione, vista come un antico reperto, attraverso lo schermo del computer, mi ha dato l’emozione di una lanterna magica, quasi inaudibili i suoni e rigidi i movimenti. Ma nonostante tutto il ‘fatto’ poetico di Straub arriva in tutte le sue emozioni materialistiche. Arriva la memoria dei suoi film, Operai, contadini, Der Tod des Empedokles, Trop tôt, trop tard, Fortini/Cani, Peccato nero e, anche se non citati, la nostalgia dei campi, della vita contadina la fissità di Serralunga dei Dialoghi con Leucò di Pavese, quell’insorgere prepotente dal fondo di quelle meditazioni del problema umano. Perché questo è Kommunisten, con la introduzione da un romanzo perduto di Malraux Le Temps du Mépris, girato in una luce gelida con personaggi immobili, che rievocano l’interrogatorio nel carcere nazista, e una silloge dei film di Straub-Huillet con Danièle seduta sotto un albero nel paesaggio illuminato, come scrive Cappabianca, “da una luce sovrumana che quasi evoca la Somma luce dantesca”.