IL POTERE DEL CANE di Jane Campion
L’animale assassino
di Alessandro Cappabianca
Un grande ranch, una mandria, due fratelli, una casa. Dalle finestre aperte entra una luce alla John Ford. Il rude, il mitico cow boy Bronco Henry e il delicato, efebico Peter, confezionatore di fiori di carta, con grande sorpresa dell’altrettanto rude Phil (per il quale Bronco è una specie di idolo macho), condividono una visione: nel profilo roccioso delle colline del Montana individuano i tratti d’un cane che abbaia o azzanna furioso una preda. E’ qualcosa che pochi sanno vedere: roccia che si trasforma in animale rabbioso, metamorfosi dell’inorganico in una visione animale spaventosa.
Vedere il cane nella roccia significa (lo afferma la Bibbia stessa) esporsi al pericolo di cedere al suo potere. Il potere del cane è mortifero, reca dolore e morte. Apparizioni poetiche nella notte, simili a fantasmi, come li definiva Jean-Claude Brialy (anche sulla scorta delle fotografie di George Shiras), gli animali immaginari, esposti al sole abbacinante del west di Jane Campion, diventano cani rabbiosi, mordono l’anima di chi si abbandona al loro potere.
Phil non sopporta che suo fratello George si sposi, sfuggendo alla solitudine incombente. Si rifugia nel branco omofobo maschile. Non sopporta Rose, vedova con un figlio (Peter) che tutti considerano effeminato. Non sopporta il pianoforte, non tollera che lei lo suoni. Non le taglia un dito, come avveniva (da parte del marito) in Lezioni di piano (su questo, va ricordato il bel libro di Ilaria Gatti), ma ne accompagna il suono col contrappunto burlesco del suo banjo, in una sorta di derisione musicale, come ha notato altrove Bruno Roberti. Ostenta di non lavarsi, di puzzare come un caprone. Perché? Per attirare, malgrado tutto, l’attenzione di Rose, renderle alla lunga insopportabile il matrimonio con il tranquillo George, indurla all’alcolismo? O per attirare l’attenzione di Peter, nei cui confronti nascondere una segreta pulsione omosessuale?
Phil è un enigma, forse il personaggio più complesso che Jane Campion abbia mai creato. Non un ritratto di signora, ma il ritratto d’un maligno verso il quale, alla fine, si potrebbe anche provare compassione. Governa crudelmente uomini, donne, animali, ma gli animali si vendicano su di lui, gli infettano il sangue, gli trasmettono il carbonchio.
Eppure, nota George, il fratello prendeva tutte le precauzioni, non toccava mai animali infetti. Qualcuno ha forse …? Non lo sapremmo, anche se il film continuasse. Vediamo solo Peter che dall’alto di una delle finestre fordiane, ma stavolta in notturna, osserva sorridendo il rinnovato abbraccio tra Rose e George, sottratti al maleficio animale.