Ciò che è inutile dire
di Alessandro Cappabianca
Ha scritto Deleuze: “ Ma esiste un secondo movimento che va dal concetto all’affetto, o che ritorna dal pensiero all’immagine. Si tratta di restituire al processo intellettuale la sua “pienezza emozionale” o la sua “passione.” “
Parte con questa citazione il libro di Patrizia Fantozzi “Della croyance al cinema. A partire da Gilles Deleuze” edito da Mimesis (Milano – Udine 2023). E subito la citazione viene corroborata da un’altra di Linda Vancheri, che osserva: il cinema è un destino.
Siamo alla vertigine dell’infinito. La croyance è sul punto di scomparire o di affermare la propria molteplicità.
Questo libro nasce, pare, dalla rielaborazione di una tesi di laurea, ma non conserva nulla delle sue origini accademiche. Se ne scrivo, qui, e’ proprio per questo: la scrittura di Patrizia non ha più nulla di accademico, procede per illuminazioni, direi quasi per folgorazioni. Evoca volti, gesti, concetti filosofici, li rende vivi, vitali e appassionati, bordeggia i confini in cui il pensiero critico mal si distingue (ma perché poi distinguerli?) dal pensiero creativo.
“Non esistono concetti semplici. Ogni concetto possiede delle componenti e si definisce a partire da esse. Il concetto, dunque, è sempre una molteplicità, sebbene – scrivono Gilles Deleuze e Félix Guattari – non sempre una molteplicità si presenta come concettuale”. (…) Quel che è certo è che non esistono concetti a una sola componente: e così anche il primo concetto, quello da cui una filosofia “comincia”, possiede già in sé numerose componenti”.
Serge Daney invece amava parlare della visione:
“…] ho visto e da questa visione, non mi sono più riavuto. Ho visto mio padre morto nei campi di concentramento e me, suo mimo postumo, destinato a diventare a mia volta orribilmente magro a causa dell’AIDS. Ero dunque nato per diventare quell’immagine, per diventare anch’io, uno scheletro. Da un lato, dunque, non mi sono lasciato dire chi ero. Dall’altro, ho visto nel cinema, come si scruta nei fondi di caffè, lì ho scorto il volto del mio destino. L’immagine è senza dubbio questo: ciò che è inutile dire.”
Ma ciò che è inutile dire non è inutile scrivere, se scrivere, come in questo caso, è affetto dalla passione.