Bach, Pasolini, Straub
di Edoardo Nardi
La Matthaus-passion di J.S.Bach, è stata a vario titolo utilizzata in alcuni film importanti. Suoi brani evidenziano, però, lo stile di due autori preminenti che ne hanno saputo cogliere la profonda complessità e la non sempre compresa forza eversiva: Pasolini e Straub. In particolare mi riferisco tanto all’inserto del capolavoro bachiano che Pasolini ha utilizzato nella sequenza finale di Accattone ( 1961), quanto alla corale che Straub/Huillet hanno inserito in un momento cruciale del grande affresco realizzato attraverso il Bachfilm ( Cronaca di Anna Magdalena Bach, 1968). Grazie alle cantate agli oratorii ed alle passioni, Bach ha modellato la lingua tedesca moderna; Deleuze ha compreso la funzione mediatrice che la musica svolge nel Bachfilm, parlando anzitutto della creazione artistica come atto di resistenza nell’opera degli Straub ed indicando la parola quale consueta espressione di tale azione, linguaggio che però muta dal dialogo alla musica nel film in questione. In Pasolini probabilmente la scelta musicale della Passione di Bach si lega a quel suo sguardo immediatamente sacrale, religioso che permea il suo atteggiamento nei confronti delle cose, che insiste ironico e tragico insieme sull’amara constatazione della sconfitta di ogni illusione di purezza primitiva dell’uomo; tuttavia sia per Straub/Huillet che per Pasolini le ragioni di una scelta tanto precisa in due opere così vicine nel tempo anche se lontane nello stile, sono da ricercare in una consapevolezza profonda tanto della musica di Bach, quanto della sua figura umana ed artistica. La vita del compositore rappresenta una vicenda artistica nella quale uomo ed opera sono fusi ed inscindibili, in cui l’atto di creazione è perfettamente sovrapponibile alla vita biologica e, di conseguenza, in ogni gesto, parola o composizione è riscontrabile quella resistenza al flusso naturale ed ordinario degli eventi ai quali tale completa unione di arte e vita si oppongono. In tal senso Bach è autore altamente politico, sintesi assoluta della musica barocca, del passato musicale europeo ed apertura al futuro romanticismo che di fatto portò alla riscoperta dell’autore. Tuttavia, nascosta nelle pieghe della perfezione formale del contrappunto, vive l’Arte della fuga, ovvero quella complessità estetica che rende tutta l’opera bachiana, anche nella più nascosta partitura per clavicembalo, inquieta e contrastata. Sono convinto che Pasolini e Straub, anch’essi autori di un’opera intimamente e completamente legata al proprio vissuto, abbiano sentito prossima la figura del grande compositore, una prossimità molto più evidente e necessaria di quanto appaia ad un primo sguardo. In particolare il finale del film di Pasolini e l’inserto narrativo nel quale Straub/Huillet mettono in scena la prima rappresentazione della Passione di San Matteo a Lipsia, insistono su due grandi problematiche che hanno sin dall’inizio caratterizzato il senso profondo della messa in scena di tali autori: il problema dell’intenzionalità e quello della possibilità di rappresentazione. Straub sostenne che il Bachfilm era nato proprio eliminando progressivamente ogni intenzione dell’autore, qualsiasi consapevolezza iniziale o necessità narrativa; occorreva mettere in scena la sola musica, donarla pura, priva di ogni compromissione. Pasolini apparentemente, sottolinea proprio attraverso il brano della Passione la morte di Accattone. sembra in questo caso, che la musica sia utilizzata maggiormente in funzione narrativa e rechi allo spettatore la forza del segno che rappresenta, del dramma della passione religiosa. Certo questo è in parte verosimile, ma non dimentichiamoci che Bach è un luterano ortodosso, mentre Pasolini era cresciuto in un paese cattolico. Con questo intendo dire che ciò che forse interessa davvero Pasolini, è proprio di liberarsi dall’intenzione narrativa, spirituale, per raggiungere l’intimità del rapporto che gli ultimi hanno con la propria libertà. Di conseguenza l’atto di liberazione provocato dalla scena finale di Accattone, come dalla perfezione formale e compositiva che incornicia le digressioni musicali del Bachfilm, che in tal senso è paragonabile all’opera di Kubrick, costituisce l’esatta espressione proprio della ricercata eliminazione di ogni intenzionalità. Dall’altra parte, legato al problema delle scelte intenzionali, si manifesta quello della rappresentazione dei corpi. Il corpo di Accattone raccoglie progressivamente tutta la scena, si fa carico del paesaggio, lo sopporta come giogo sociale, fino a venirne schiacciato in un movimento che è però atto libero, finalmente leggero; il Bach di Straub/Huillet invece, non invecchia nel corso delle vicende che scandiscono il film e muore interpretato da un attore e musicista non truccato ed ancora giovane; in tal modo, attraversando le epoche della sua vita, raggiunge l’unità indissociabile tra arte ed esistenza. Ebbene tale movimento poetico appartiene anche a Pasolini ed a tutta la sua opera e sancisce la forza politica ed estetica, lontana da ogni moralismo o facile retorica, che rappresenta la più intima e poetica espressione creativa ed esistenziale tanto della musica di Bach, che delle immagini di Pasolini e di Straub/Huillet.
